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Svezia: un modello a impatto, dal riciclo al riutilizzo

Energia prodotta a partire dalla combustione dei rifiuti importati dai Paesi stranieri; recupero del 47% di quelli prodotti su scala nazionale; taglio dell’iva fino al 50% sui servizi di riparazione delle merci. Parliamo della Svezia.

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Rifiuti interni: un modello di gestione virtuoso

Lo sapevi che la Svezia importa dall’estero la spazzatura per mantenere in attività i suoi 34 termo-valorizzatori, grazie ai quali produce energia elettrica e teleriscaldamento?

Attraverso le nuove tecnologie di cui sono dotati gli impianti di ultima generazione, 4 tonnellate di spazzatura sono in grado di sprigionare l’energia di una tonnellata di petrolio, 1,5 tonnellate di carbone o 5 di legno. Gli inceneritori di seconda generazione, anche noti come termo-valorizzatori, oltre a bruciare i rifiuti recuperano il calore sviluppato durante la combustione e lo riutilizzano per produrre vapore; quest’ultimo, a sua volta, viene convogliato e sfruttato per produrre energia elettrica o calore tramite il teleriscaldamento.

I 34 impianti di cui si è dotata la Svezia sono in grado di fornire elettricità a 680mila abitazioni e di riscaldarne 1,3 milioni durante l’inverno. Il Paese, come emerge da un recente articolo pubblicato su youmanist.it – copre l’83% del suo fabbisogno energetico con il nucleare e l’idroelettrico e un altro 7% con l’eolico, facendo dei termo-valorizzatori una voce marginale. Sono invece fondamentali per il riscaldamento: a partire dagli anni Cinquanta, il governo di Stoccolma ha investito nella costruzione di una rete che convogliasse l’acqua calda prodotta con lo smaltimento dei rifiuti direttamente nelle abitazioni e nelle industrie. Questa ricchezza di alternative ha permesso alla Svezia di essere una delle prime nazioni al mondo a introdurre nel 1991 una tassa sul carbone per disincentivarne l’utilizzo da parte delle imprese.

Già nel 2016  gli svedesi riciclavano in media 161 chili di rifiuti e appena 3 chili non riutilizzati. Oggi, invece, l’1% della spazzatura prende ancora la via della discarica (era il 22% nel 2001), mentre il 93% del vetro, il 47% della plastica e l’82% della carta vengono lavorati per essere di nuovo utilizzati: percentuali che hanno già superato gli obiettivi del governo per il 2020 e fissati rispettivamente a 70%, 30% e 65%. In totale viene recuperato il 47% dei rifiuti prodotti in un anno dal Paese, compresi metallo, giornali, batterie e rifiuti elettronici, mentre un altro 52% (tra cui rottami metallici, circuiti, e rifiuti agricoli) viene utilizzato nel programma Waste to energy (Wte).

Rifiuti esterni: un modello di business ad alto impatto

Oggi la Svezia non ha solo risolto il problema della gestione del rifiuti interni, ma può permettersi di importarli dall’estero: nel solo 2016 ne ha smaltiti quasi 2,3 milioni di tonnellate, in particolare di Gran Bretagna, Irlanda e Norvegia. Anche se la Danimarca offre lo stesso servizio, Stoccolma è riuscita a imporsi per il suo prezzo competitivo di 40 euro a tonnellata, molto meno salato delle cifre previste dalla tassa sulle discariche imposta agli Stati membri dall’Unione europea. La Svezia stima di guadagnare 100 milioni di euro solo nel 2020, oltre a evitare l’emissione di quasi 476mila tonnellate di diossido di carbonio: “Bruciando una tonnellata di rifiuti italiani in Svezia, si evita l’emissione di 500 chili di Co2 che avrebbe rilasciato se stoccata in una discarica in Italia”, sostiene Johan Sundberg, consulente in energia e gestione dei rifiuti dell’organizzazione Profu.

Priorità: produrre meno, anziché riciclare

Aumentare la percentuale di rifiuti riciclati è fondamentale, ma per Stoccolma la priorità è produrne meno, sfruttando al massimo ogni prodotto, incentivando lo scambio o la riparazione. Nel 2017 il governo ha approvato una riforma del sistema fiscale che ha dimezzato l’Iva sui servizi di riparazione di biciclette, abiti ed elettrodomestici, portandola dal 25 al 12%. Due anni prima, a Eskilstuna, cittadina di 60mila abitanti a pochi chilometri da Stoccolma, ha aperto il primo centro commerciale in Europa che vende solo oggetti riciclati. Nei suoi 15 negozi vengono raccolti e riparati i vecchi oggetti, mentre quelli irrecuperabili sono portati nel vicino centro di stoccaggio. Nel 2018 i 50 dipendenti di ReTuna hanno accolto migliaia di clienti, tra cui numerosi turisti, per un giro d’affari di un milione di euro.

Il riciclo in Italia

Il nostro Paese riesce a riciclare il 79% del totale dei suoi rifiuti domestici e industriali (56,4 milioni di tonnellate l’anno), primato che in Europa viene eguagliato solo dalla Germania (72,4). Oltre a riutilizzare il 67% della raccolta differenziata delle abitazioni, l’Italia ha creato filiere all’avanguardia nella rigenerazione dei lubrificanti usati, dove il 99% diventa la base per nuovi olii. L’unica debolezza del sistema, per il momento, è la scarsa capacità del mercato italiano di fare tesoro dei materiali rigenerati: fino a oggi sono stati assorbiti in gran parte dalle economie emergenti dell’Asia, in particolare dalla Cina, ma il recente stop di Pechino alle importazioni rischia di mettere in crisi il meccanismo.

[fonte: https://youmanist.it]